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Don Pino Puglisi, 30 anni dall'uccisione

Il ricordo di Luigi Ciotti

Un Gesù che attraversa le strade del suo tempo è, probabilmente, il più bel ricordo del Beato don Giuseppe Puglisi.
Lo hanno ucciso in strada. Dove viveva, dove incontrava i piccoli, gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e quanti, con la proprio condotta, si rendevano responsabili di illegalità, soprusi e violenze. E per questo lo hanno ucciso: perché un modo così radicale di abitare la strada e di esercitare il ministero del parroco è scomodo.
Lo hanno ucciso nell’illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, denuncia, di condivisione. Un talento raro nell'educare.
Con la sua testimonianza don Pino ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realtà con impegno e silenzio. Non il silenzio di chi rinuncia a parlare e denunciare, ma quello di chi, per la scelta dello stare nel suo territorio, rifiuta le passerelle o gli inutili proclami. «Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli».
Anche questo ci ha consegnato: una grande passione per la giustizia, una direzione e un senso per il nostro essere chiesa e soprattutto un invito per le nostre parrocchie ad alzare lo sguardo, a dotarsi di strumenti adeguati e incisivi per perseguire quella giustizia e quella legalità che tutti, a parole, desideriamo. Per questo “don Pino” è morto: perché con l’ostinata volontà del cercare giustizia è andato oltre i confini della sua stessa comunità di credenti.Don Puglisi non è stato ucciso perché dal pulpito della sua chiesa annunciava principi astratti, ma perché ha voluto uscire dalla loro genericità per testimoniarli nella vita quotidiana, dove le relazioni e i problemi assumono la dimensione più vera.

d. Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele

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