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Il conflitto di interessi non è un arma politica

Libera: "Il Parlamento torni a discuterne come strumento di tutela dei cittadini, non come norma contra-personam"

Libera esprime una forte preoccupazione per il disegno di legge in discussione al Senato che introduce, nella legge istitutiva della Commissione parlamentare antimafia, una disposizione in materia di “conflitto di interessi”.

L’Italia attende da trent’anni una legge seria e organica sul conflitto di interessi, una riforma essenziale per garantire trasparenza, responsabilità e fiducia nelle istituzioni.

Al contrario, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio ha lasciato senza sanzione chi usa le proprie funzioni pubbliche per interessi privati, rendendo sempre più labile il confine tra conflitto di interessi e corruzione “legalizzata”.

Il disegno di legge A.S. 1277, attualmente all’esame del Senato, prevede un obbligo di astensione per i componenti della Commissione antimafia in presunto conflitto con i fatti oggetto di indagine.
Una norma che, per tempistica e finalità, appare mirata e selettiva, in contrasto con il principio di generalità che dovrebbe guidare ogni legge, soprattutto in materia di etica pubblica.

Il testo stesso fa riferimento a una “situazione sorta in questa legislatura”, un chiaro richiamo a Roberto Scarpinato e Federico Cafiero De Raho, due ex magistrati oggi membri della Commissione antimafia, da sempre impegnati nella difesa della legalità e nella lotta alle mafie. 

“Chiediamo che il Parlamento torni a discutere di conflitto di interessi nel suo vero significato: come strumento di protezione dei cittadini dagli abusi di potere, e di tutela della credibilità delle istituzioni – afferma Libera – non come mezzo per indebolire l’autonomia di una Commissione di così alto valore simbolico.”

C'è il rischio di un uso politico dello strumento legislativo per limitare la libertà e l’autonomia di voci indipendenti all’interno di un organo di controllo democratico. Una deriva che ricorda altre pagine oscure della storia repubblicana, come la legge del 2005 che escluse Gian Carlo Caselli dalla nomina a Procuratore nazionale antimafia, modificando retroattivamente i criteri di accesso all’incarico.

“Il tema del conflitto di interessi è troppo serio per essere piegato a logiche di parte o di convenienza politica. Non può diventare un’arma contro chi, come Scarpinato e De Raho, ha incarnato per decenni la difesa della legalità, spesso a rischio della propria vita personale”, conclude Libera.