Veneto, variante "criminalità" prolifera in pandemia
Libera presenta la ricerca "Sguardo d'insieme. Storie, dati ed analisi sulla criminalità in Veneto"
Una ricerca per fotografare l’andamento del contagio e della diffusione della variante “criminalità” sulla scorta degli approfondimenti che Libera ha realizzato, studiato e analizzato nel corso dei precedenti dossier rilasciati durante il periodo pandemico. Una variante “criminalità” che non è solo mafiosa, con operatori economici che vanno a cercare i servizi della mafia per stare sul mercato e faccendieri e corrotti che fanno da ponte con le organizzazioni criminali. Una mutazione criminale, che nel Veneto, non solo ha resistito al periodo pandemico ma che ha raggiunto livelli di pericolosità superiori al periodo pre-pandemico e che ha tutte le caratteristiche per diventare il nuovo modello delle mafie in affari, sempre più inserito nell’economia ferita dal virus.
Nella ricerca “ Sguardo d’insieme. Storie, dati ed analisi sulla criminalità in Veneto”, realizzata da Libera nell’ambito della collaborazione con la Sezione regionale del Veneto dell’Albo nazionale gestori ambientali, l’Unione regionale delle Camere di Commercio del Veneto sono stati elaborati e sintetizzati dati più importanti che emergono dalle varie fonti investigative e istituzionali, per fotografare l’andamento del contagio della variante “criminalità” e i cosiddetti effetti del “long covid” per analizzare il diffondersi dell’infezione mafiosa all’interno del Paese. Sono stati elaborati i dati relativi ad alcuni reati spia (reati di usura, di estorsione e riciclaggio denaro, delitti informatici e truffe e frodi informatiche), i dati sulle interdittive e quelli sulle segnalazioni sospette dell’Uif, ovvero di quelle condotte che riflettono in sé il pericolo di infiltrazione mafiosa.
Per i singoli reati sono stati messi a confronto i dati complessivi del biennio pre-pandemico 2018/19 con il biennio 2022/23 post pandemico quello che tutti considerano come effetto “long covid” della pandemia. Il dato complessivo dei reati spia nel Veneto per il biennio 2022-2023 raggiunge la cifra record di 55.824 reati, con un incremento del 68% rispetto al numero dei reati spia del biennio pre-pandemico 2018/2019 quando erano 33.112. Quasi per semplificare, la pandemia è stato un affare per i criminali che hanno approfittato del virus per rafforzarsi e potenziare i loro affari illegali.
Aumentano le interdittive antimafia, che passano da 21 nel biennio pre-pandemico 2018/2019 alle 270 emesse nel biennio “long covid” 2022/2023 con un incremento percentuale del 1185. In aumento anche le segnalazioni sospette: erano 17.042 nel biennio 2018/2019 mentre raggiungono la cifra di 22.074 (+29) nel biennio 2022/23.
La mutazione, l’andamento del contagio e della diffusione della variante “criminalità” nel Veneto e soprattutto la sua specifica “mafiosa” viene confermata dai dati relativi alla presenza della criminalità organizzata in Veneto così come emerge dalla fotografia – frutto della nostra elaborazione -dell’attività investigativa coordinata dalla direzione distrettuale antimafia (in seguito d.d.a.) di Venezia. Libera ha analizzato le vicende giudiziarie di sei inchieste afferenti a condotte di reato sviluppatesi in Veneto nel corso delle ultime due decadi al fine di poter verificare attraverso quali modalità, secondo la prospettazione accusatoria, opererebbero le già menzionate associazioni criminali all’interno del contesto sociale, economico e politico del Veneto. Il numero degli imputati tratti complessivamente a giudizio dinanzi ai tribunali del Veneto nei predetti procedimenti è pari a 328. Quasi uno su due, nello specifico il 43%, è d’origine veneta. Il secondo territorio per provenienza risulta essere la Calabria, 25%. Emerge come, secondo la Procura della Repubblica, sarebbero operanti in Veneto 5 distinte consorterie mafiose, di cui una di matrice autoctona, 3 di derivazione ‘ndran-ghetista ed una di matrice camorrista, composte complessivamente da 80 persone. A supporto di tali associazioni mafiose vi sarebbero 41 persone rinviate a giudizio per il reato di concorso esterno mentre 9 sono gli imputati per favoreggiamento aggravato.
In Veneto, per quanto riguarda i beni confiscati, ci sono in totale 492 unità, di cui 227 immobili in gestione presso l’ANBSC e 265 immobili già destinati a pubbliche amministrazioni e soggetti gestori nel mondo non profit e della cooperazione. Solo 22 aziende sono in gestione presso l’Agenzia Nazionale, mentre 15 sono già state destinate verso processi di liquidazione o vendita. Si segnala come, nel 2014, i beni immobili confiscati presenti in Veneto fossero solo 88. Avanza il livello di trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni comunali del Veneto. Su 46 comuni monitorati destinatari di beni immobili, sono 33 i comuni che pubblicano l’elenco sul loro sito internet, con una percentuale pari al 71,7%.( era pari al 30,6% nel 2022)
“Se qualcuno aveva dei dubbi- commenta Libera- i dati di questa ricerca consentono di dissiparli! In Veneto, l’offerta illecita di credito, la grande disponibilità di capitali e la connotazione di una parte del tessuto imprenditoriale orientato alla cura di interessi familistici a discapito del bene comune, ha permesso, in questi anni, l’instaurarsi di un sistema collaudato tra cartelli di imprese ‘corruttibili’ e ‘corrotte’ e la presenza di organizzazioni criminali mafiose tanto autoctone quanto delocalizzate in molti settori economici. I numeri e le storie incrociate nella ricerca raccontano di un'emergenza Veneto che dovrebbe diventare tema di dibattito nazionale.