Corruzione

Libera presenta il focus sulla percezione e la presenza della corruzione nel nostro Paese

Un intervistato su due in Trentino ritiene la corruzione poco diffusa o totalmente assente, percentuale che diventa del 43% per il Friuli Venezia Giulia.

Libera presenta il focus sulla percezione e la presenza della corruzione nel nostro Paese

Solo il 20% dei cittadini intervistati crede che sia importante votare cittadini onesti come candidati politici per combattere la corruzione: un segnale di sfiducia inquietante che evidenza il rapporto diretto che lega sfiducia nelle istituzioni e corruzione. Quanto più forte è la sfiducia, tanto più le persone sono propense a cercare vie traverse e contatti personali con politici e funzionari. E con una preoccupante differenza di percezione della corruzione tra Nord e Sud: se al Sud solo 8% degli intervistati ritiene la corruzione poco diffusa o totalmente assente, la percentuale diventa del 34% nel Nord-Est. Se la corruzione in certe aree territoriali e settori d’intervento pubblico sembra dominare incontrastata è perché chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze (80% delle risposte); sono ritenuti corrotti anche i funzionari cui si dovrebbe presentare la denuncia (36%); si ritiene che non succederebbe nulla (32%), o che la corruzione sia un fatto normale (23%).

Un focus sulla percezione e la presenza della corruzione nel nostro Paese è stato presentato da Libera in occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione. Il focus si basa sui dati del rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale quantitativa e qualitativa con oltre 10mila persone intervistate e oltre 100 interviste a rappresentanti di associazioni di categoria, per offrire una panoramica aggiornata rispetto alla presenza e alla percezione delle mafie e della corruzione nel nostro Paese.

Alla radice della visione disincantata sull'ampiezza del fenomeno si collocano spesso esperienze personali: circa il 30% degli intervistati da LiberaIdee ha incontrato in prima persona o tramite conoscenti richieste indebite di tangenti o altri favori – percentuale che come prevedibile anche in questo caso lievita a circa il 40% nelle regioni del Sud, dove è quasi doppia rispetto al Nord-est.

Libera presenta anche una prima mappa regionale della percezione e presenza della corruzione. In Trentino e Friuli Venezia Giulia la corruzione sembra invisibile: un intervistato su due in Trentino ritiene la corruzione poco diffusa o totalmente assente, percentuale che diventa del 43% per il Friuli Venezia Giulia. Di riflesso una percentuale da prefisso telefonico caratterizza le risposte degli intervistati siciliani: solo il 2,5% pensa che la corruzione sia poco diffusa o pressoché assente, stessa percentuale per gli intervistati nel Lazio. E la Campania la principale regione dove gli episodi di corruzione non vengono denunciati perché per il 37,85% degli intervistati vengono ritenuti un fatto normale, seguita dalla Basilicata con il 29,4% e Puglia con il 29,8%. La Calabria è la regione dove più alto è il numero di cittadini a conoscenza di persone che hanno ricevuto o offerto tangenti: quasi un cittadino su due, seguita dalla Basilicata con il 44% e la Sicilia con il 39,2% .

“Nonostante arresti e condanne le mafie appaiono in buona, in certi casi ottima salute. Sono cambiate in generale le strategie prevalentemente utilizzate: pochi spargimenti di sangue e tanta corruzione. Le mafie – commenta Alberto Vannucci, Ufficio di Presidenza di Libera e professore di Scienza Politica Università di Pisa - infatti non sono un mondo a sé stante, bensì parte di un mondo dove la regola del profitto e della ricchezza facile da raggiungere con ogni mezzo troppo spesso prevale sulla regola del bene comune. Ecco che le mafie contribuiscono a generare quel “mondo di mezzo” tra classe dirigente e criminalità nel quale la distinzione tra metodo mafioso e metodo corruttivo si fa sempre più sfumata. Non si possono contrastare efficacemente le mafie senza bonificare la palude della corruzione, quel terreno inquinato di relazioni opache che permette ai mafiosi di penetrare nei gangli vitali della politica, della burocrazia, della finanza, dei mercati, generando distorsioni, prevaricazioni e abusi tanto diffusi da risultare quasi inavvertiti. Ed è una contaminazione che si manifesta nella simbiosi sempre più evidente tra criminalità organizzata, criminalità politico-amministrativa e criminalità economica. Coerentemente con la logica di mercato dominante nella nostra epoca, per le mafie la strategia della corruzione, se praticabile, è più razionale del ricorso a intimidazioni e violenza perché permette di conseguire i medesimi risultati senza provocare allarme sociale: la presenza di “colletti bianchi” disponibili alla corruzione fa ottenere con i soldi ai mafiosi ciò che prima ottenevano soprattutto con l’uso delle armi. Nella lotta contro la corruzione occorrono certamente buone leggi, ma queste da sole non bastano. E’ necessario invece rappresentare i reali costi della corruzione in Italia in termini di degrado della vita civile e democratica e di negazione di diritti fondamentali alle categorie sociali più svantaggiate, oltre che di fardello insostenibile per lo sviluppo economico, come da decenni mostrano tutti i dati macroeconomici. Per farlo - conclude Vannucci - occorre puntare sull’educazione e sulla maturazione delle coscienze perché è nelle coscienze addormentate, addomesticate e asservite che la pratica della corruzione trova asilo e giustificazione.

E’ la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione nel sondaggio di LiberaIdee viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento e dei partiti dalla metà esatta degli intervistati – con differenze marginali a livello territoriale. Il distacco è evidente soprattutto nei confronti della politica più “distante”, basti pensare che la percentuale di sfiducia verso gli amministratori locali quasi si dimezza (il 28,5%). Colpisce il divario generazionale: se circa il 60 per cento dei giovani al di sotto dei 25 anni ritiene corrotti i propri governanti nazionali, percentuale che decresce nella fasce d’età superiori fino a dimezzarsi per gli over 65. Non trascurabile il fatto che il 17% degli intervistati ritengono le stesse forze di polizia coinvolte nella corruzione. Mentre il settore degli appalti – con oltre il 40% – si conferma “area sensibile” al rischio corruzione, non ne sono immuni il mondo dell’imprenditoria (oltre il 30%) e della finanza (15%), mentre appena il 12% indirizza il proprio malcontento sugli impiegati pubblici in generale.