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La notizia della morte di Riina l’ha raggiunto di ritorno da Ostia, dall’ennesimo intervento contro le mafie. Che cosa ha pensato, don Ciotti?
«La morte di Riina, come la morte di ogni persona, chiede rispetto. Ma questo non può farci dimenticare la sua vita e le sue azioni. Nel caso di Rii na è stata una vita violenta, incompatibile con l’etica del Vangelo, una vita che ha causato la sofferenza e l’omicidio di tante persone. Ciò detto, il mio primo e molto caro pensiero è andato alle sue vittime e ai loro famigliari. Si è molto parlato in questi giorni della morte di Riina ed è anche comprensibile, perché, pur nel negativo, è stata una figura chiave della nostra storia recente, ma credo anche che si debba sapere che mentre Riina è morto le sue vittime sono ancora vive. Vive grazie a chi, in tante parti d’Italia, non le ricorda solo a parole e occasionalmente ma impegnandosi ogni giorno per realizzare i loro ideali di giustizia, verità e libertà».
Pietà cristiana e giustizia umana: c’è un punto dove l’imperativo evangelico del perdono cede il passo al rigore della legge?
«Sentimento di pietà e principio di responsabilità possono e devono coesistere. L’eventuale pietà per chi ha commesso il male non deve prevalere sull’aspirazione di giustizia delle vit time. La giustizia umana è la ricerca, spesso tormentosa ma necessaria, di questo difficile equilibrio».
Ha mai avuto occasione di incontrare Totò Riina o un suo famigliare?
«Direttamente no, solo in video conferenza dentro l’aula di un tribunale. Ho incontrato la moglie, la signora Bagarella. Un incontro che mi è stato richiesto e di cui ovviamente erano informate le autorità competenti». Riina ha chiesto la sua morte anche da detenuto.
Lo ha perdonato?
«Il perdono presuppone un ravvedimento, un segno di cambiamento. Nel caso di Riina, con mio rammarico, non c’è stato, nemmeno dopo la scomunica di papa Francesco ai mafiosi in quanto “adoratori del male” e nemmeno dopo il suo “pressante invito” affinché si convertano e aprano il cuore a Dio. Non solo Riina non si è pentito del male commesso, ma lo ha rivendicato, quindi non lo ha riconosciuto come tale. Mi auguro che almeno nel momento della morte abbia avuto il coraggio di guardare nel profondo di sé e di aprirsi così alla misericordia di Dio».
Cos’è la mafia, oggi, don Ciotti?
«Un sistema criminale che ha adottato la corruzione come principale metodo, dunque un sistema meno sanguinario di quello di Totò Riina, ma non meno pericoloso e pervasivo. Oggi il problema è la commistione tra crimine organizzato, crimine politico e crimine economico, il problema è l’idolatria del denaro che ha infettato quasi ogni ambito della vita civile. Perciò non bastano le leggi e la repressione. Occorre una rivoluzione educativa, sociale, culturale. Quella contro le mafie e la corruzione è una lotta che chiama in causa la coscienza e l’impegno di ognuno di noi».